Perché Israele ha sempre le spalle coperte?
Media italiani ed USA qual è il loro ruolo?

Ogni giorno da Gaza arrivano immagini strazianti: case distrutte, bambini sotto le macerie, ospedali ridotti in polvere. Eppure, gran parte dell’opinione pubblica occidentale sembra quasi anestetizzata. I media parlano di “autodifesa” e i governi difendono Israele senza se e senza ma. Perché? Com’è possibile che un genocidio venga giustificato o, peggio, ignorato?

La risposta sta in una rete di alleanze, interessi economici e propaganda che ha trasformato Israele in un alleato intoccabile. E sì, anche l’Italia ha un ruolo in tutto questo. Ma mentre i potenti chiudono gli occhi, la popolazione palestinese vive ogni giorno l’incubo della guerra.


Israele: da vittima a gigante militare

Quando Israele è stato fondato nel 1948, l’Occidente l’ha subito sostenuto. L’idea era chiara: uno stato “amico” nel bel mezzo del Medio Oriente, una regione strategica per petrolio e affari. Da allora, Israele si è evoluto in una superpotenza militare. E non parliamo solo di armi: Israele è uno dei maggiori esportatori di tecnologie belliche e di sorveglianza.

Prendiamo la guerra del Libano del 1982. Beirut venne bombardata senza sosta, interi quartieri furono spazzati via, e migliaia di civili morirono. E cosa fecero gli Stati Uniti? Bloccarono qualsiasi sanzione contro Israele. Da allora, il copione si è ripetuto: attacchi, devastazione e nessuna vera conseguenza.


L’Italia e il sostegno a Israele

Sebbene in apparenza mantenga una posizione neutrale, l’Italia contribuisce al genocidio palestinese in due modi chiave: il commercio di armi e le decisioni politiche nelle sedi internazionali.

  • Commercio di armi: Negli ultimi anni, l’Italia ha continuato a esportare tecnologie e armamenti verso Israele, nonostante gli attacchi documentati contro la popolazione civile. Secondo i dati più recenti, aziende italiane forniscono componenti utilizzati per i droni e per i missili impiegati negli attacchi su Gaza. Questi strumenti bellici, testati proprio in Palestina, sono poi commercializzati a livello globale come “efficaci contro il terrorismo”.
  • Astensione al voto ONU: Quando l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha chiesto lo stop immediato ai bombardamenti a Gaza, l’Italia si è astenuta dal voto, scegliendo di non condannare apertamente Israele. Questo comportamento equivale, di fatto, a un sostegno politico alle operazioni militari israeliane. Il messaggio è chiaro: il governo italiano non intende mettere a rischio i rapporti con Tel Aviv.

Perché Israele è così protetto?

Uno dei motivi principali per cui Israele gode di una protezione speciale è il potere delle lobby, che influenzano direttamente le politiche dei paesi occidentali. Ma non è solo politica. Israele è un grande business: droni, sistemi di sicurezza, software di sorveglianza. Tutto testato nei territori occupati e poi venduto al resto del mondo.

Un esempio emblematico è stato il caso di Shireen Abu Akleh, la giornalista palestinese uccisa nel 2022 mentre documentava un raid israeliano. L’Italia, come molte altre nazioni europee, si è limitata a dichiarazioni generiche, senza chiedere indagini o provvedimenti concreti.

Italia, USA e Israele, i rapporti delle potenze per conquistare Gaza

Media e propaganda: come manipolare la narrazione

Guardiamo a come i media raccontano il conflitto. Le operazioni militari israeliane vengono descritte come “necessarie” o “in risposta al terrorismo”. Le vittime palestinesi? Numeri che raramente diventano volti o storie.

Un episodio recente è il bombardamento dell’ospedale Al-Ahli a Gaza. Centinaia di morti, tra cui pazienti e bambini rifugiati. Subito dopo, i media occidentali hanno ripreso la versione israeliana: “È stato un razzo malfunzionante di Hamas.” Nessuna indagine approfondita, nessun dubbio sollevato.

Durante l’operazione “Piombo Fuso” (2008-2009), oltre 1.400 palestinesi morirono, la maggior parte civili. Eppure, gran parte della stampa parlava di “autodifesa” israeliana, ignorando le violazioni del diritto internazionale.

media americani raccontano la difesa di Israele da Gaza

Gaza: un inferno quotidiano

La Striscia di Gaza è una prigione a cielo aperto. Due milioni di persone vivono sotto assedio, senza accesso adeguato a cibo, acqua potabile o cure mediche. Ogni attacco peggiora una situazione già disastrosa.

Durante l’ultima offensiva, una famiglia palestinese è stata interamente cancellata da un raid aereo. Tra le vittime, una bambina di sei anni che aveva appena iniziato la scuola. Episodi come questo sono quotidiani, ma passano in secondo piano nei media occidentali, più interessati a raccontare la “minaccia” rappresentata da Gaza.

E il blocco? Israele impedisce l’ingresso di beni essenziali, mentre l’Occidente fa spallucce. Di recente, organizzazioni umanitarie hanno denunciato che ospedali di Gaza sono al collasso: manca tutto, dai medicinali all’elettricità. Ma per chi segue i telegiornali, tutto questo sembra invisibile.


Un doppio standard che fa male

Il doppio standard dell’Occidente è lampante: mentre la Russia viene fermamente condannata per l’invasione dell’Ucraina, Israele ottiene una giustificazione per i suoi attacchi a Gaza. Da una parte, vediamo sanzioni, aiuti militari e condanne unanimi; dall’altra, un silenzio complice o, peggio, un supporto attivo.

L’astensione italiana al voto ONU per fermare i bombardamenti è un esempio perfetto. L’Italia ha preferito mantenere buoni rapporti con Israele, ignorando l’urgenza di proteggere la popolazione civile palestinese. Questo atteggiamento non solo mina i diritti umani, ma danneggia anche la credibilità dell’Italia come nazione democratica e solidale.


Il prezzo del silenzio

Ogni giorno, a Gaza si consuma una tragedia umana. Eppure, i governi come quello italiano, invece di denunciare l’ingiustizia, scelgono di mantenere il silenzio. Vendere armi e astenersi dal voto non sono solo scelte politiche: sono azioni che contribuiscono direttamente al perpetuarsi di questa crisi.

Il genocidio palestinese non è un problema lontano o “di qualcun altro”. È una questione che riguarda tutti noi. Raccontare la verità, informarsi e denunciare sono i primi passi per rompere il muro di silenzio. Perché il popolo palestinese non merita di essere lasciato solo.


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